“TG2 Motori”

Ah, questa volta ho battuto me stesso, andando a recensire quanto di più inaspettato si potesse immaginare!

Ho visto la puntata odierna di “TG2 Motori” di Rocco Tolfa.

Anzitutto, vorrei sottolineare un fatto che a mio parere appare piuttosto significativo. In Europa ci sono almeno tre grandi paesi che hanno avuto (e hanno) un ruolo di merito nella storia dell’automobile: Germania, Inghilterra ed Italia.
Sia messo a verbale come a rappresentare il giornalismo automobilistico televisivo in Germania ci sia “Auto Motor un Sport” (prove, confronti, dati tecnici, servizi ecc.), in Inghilterra una trasmissione del calibro di “Top Gear” (ogni commento sul suo successo planetario è superfluo) e, volendo, anche “Fifth Gear”, mentre in Italia ci sia il “TG2 Motori”.
Francamente, a mio modesto parere è improponibile, e quantomeno fuoriluogo, che la tanto decantata creatività del prodotto motoristico italico e che lo stesso spirito passionale del comune moto-amatore latino debbano essere promossi in Italia e nel mondo con uno show della povertà di contenuti pari a quella del “TG2 Motori”.

Tanto per cominciare, non mi sono del tutto chiare le ragioni che spingano ad imbastire uno show strutturato in 15 minuti di programmazione sul montaggio di soli quattro servizi. Certamente la motivazione non è da cercarsi nella mancanza di notizie o novità settimanali, poichè stiamo pur sempre parlando del mercato della mobilità di massa, uno dei più dinamici, sfaccettati, complessi e di larga scala sulla faccia del pianeta (i blog a tema traboccano quotidianamente di segnalazioni e curiosità). Anche la motivazione di uno scarso interesse del pubblico appare infondata: Rai sbandiera sempre indici di ascolto elevatissimi per il “TG2 Motori”.

Accantonando fattori numerici secondari come la lunghezza della trasmissione, è necessario spendere alcune parole anche sulla qualità dei servizi.
In questo caso, fortunatamente, l’ago della bilancia è molto incerto e tende a propendere per qualità o cattivo giornalismo solo dipendentemente dallo stile dell’autore del servizio stesso. Prendiamo i servizi della conduttrice: Maria Leitner. Obiettivamente stiamo parlando di un approccio critico nei confronti di un’automobile quantomeno deplorevole (eufemismo). Posto che la gente conosce il significato del termine “automobile”, appare quantomeno inutile ribadire ogni volta che si tratti di un veicolo con quattro ruote, un motore, un cambio ed almeno due porte. Inutile specificare che premendo l’acceleratore l’auto si sposti, che premendo il freno si arresti, che ruotando la corona del volante l’auto sterzi. In secondo luogo l’uso di aggettivi come “scattante”, “dinamica” e simili dovrebbe essere bandito (poichè del tutto incapace di quantificare parametri oggettivi) invece di proliferare selvaggiamente.
Totale disapprovazione anche per i servizi di Riccardo Piergentili. Anche in questo caso vale la nota di biasimo in merito all’uso di colorite espressioni gergali, molto in uso tra motociclisti al bar, che però in ambito giornalistico professionale dovrebbero essere del tutto bandite, quatomeno per una totale mancanza di riferimenti concreti a parametri fisici del tutto oggettivi. In secondo luogo, non è che io pretenda la recitazione di un John Malkovich o la dizione di un Luca Ward, ma la capacità di pronunciare frasi connesse in italiano fluente di Piergentili andrebbe quantomeno corretta. Mi sentirei di consigliare molto sentitamente un corso anche elementare di teatro.

A rinverdire decisamente il livello dei servizi, gli speciali di Roberto Ungaro, per le moto, e di Lidia Galeazzo per le auto. Sembra che entrambi abbiano infatti compreso lo stato dell’arte per un servizio di buon giornalismo (per il grande pubblico) della durata di 5 minuti.
Tanto per cominciare, è essenziale concentrare nel suddetto intervallo di tempo i seguenti parametri: grandi pregi dell’auto (non le solite scontatezze Leitneriane), elementi distintivi e strettamente caratteristici del prodotto (fattore di primaria importanza nella progettazione di un’auto per il successo della stessa) e difetti di una certa entità (sempre: il fatto che la qualità media delle attuali auto e moto sia piuttosto alta non giustifica il fatto che questo parametro debba essere trascurato).
Partire da questi tre punti sarebbe già un buon risultato (possiamo considerarli come l’elemento di sufficienza qualitativa), in più i due giornalisti precedentemente citati hanno anche la capacità di costruire un buon teatrino e “dialoghi” con un certo stile attorno alle note critiche sul prodotto.

I servizi rimanenti basculano intorno alla linea di sufficienza, con una netta propensione a trovarsi al di sotto di essa, più verso lo stile Leitner (Urban e Ballardini) che verso quello Galeazzo (Aliverti e Moscarini).
Le conclusioni:
1) La scelta di indirizzare il TG ad un pubblico il più vasto possibile, anche quello meno in confidenza con gli argomenti trattati, non giustifica le manchevolezze e la scarsa qualità dei servizi della trasmissione di Rai2.
2) Appare del tutto incomprensibile ed insensata la scelta di non allestire ex-novo una trasmissione di un certo livello dedicata all’ambito dell’automobilismo e del motociclismo, caratterizzata da analisi estese e dettagliate, misurazioni strumentali, prove comparative e nozioni di attualità meccanica.
Se la mia proposta dovesse sembrare un progetto di fantascientifica realizzabilità, basterebbe copiare volgarmente da “Top Gear” (o dal reparto video di “Quattroruote”)…

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