Ed una volta di più: essere bravi non serve a nulla, quando ti confronti con dei Veri Mostri…
Già vedo la scena: Mark Osborne imbraccia il fucile, scende dallo sgabello, si abbassa gli occhiali da aviatore, prende la mira corrucciato e con un sonoro POP il tappo si leva per pochi cm dalla canna della sua arma.
Il suo tentativo di confrontarsi con un’opera del calibro de Il Piccolo Principe offre degli spunti interessanti, ma si infrange miseramente contro la mole del mito di Saint Exupéry.
Tralasciando lo scherzo, il film è costruito su due livelli narrativi, il primo, quello totalmente fantastico, ed un secondo livello, satiricheggiante ma tendenzialmente realistico, volto a percorrere la crescita della protagonista.
Le scene del primo livello, che descrivono la trama del romanzo, sono il vero punto forte della pellicola. L’animazione in comune stile computer graphic lascia il posto a quella che sembra la vecchia tecnica del motion capture con personaggi di legno o cartone. Lo stile retrò dei personaggi, le animazioni di queste sequenze, i colori ed il doppiaggio contribuiscono a creare scene poetiche, evocative e di grande effetto artistico.
In quest’ottica, il secondo livello narrativo del film è solo un elemento di disturbo, tanto è scoordinato e contraddittorio. La vicenda trasposta ambirebbe a costituire una storia di formazione, ma la verve trasmessa è globalmente scarsa.
Un primo esempio: secondo la trama, la bimba ha un padre, il quale però la trascura. Il conflitto è tuttavia gestito “magna cum maestitia” in una sola scena di pochi secondi ed in un’unica inquadratura a delle sfere innevate.
Il finale è condito di buonismo spicciolo: (SPOILER!!!) l’aviatore DOVEVA morire. Solo così il messaggio dell’addomesticamento (e del colore del grano) avrebbe avuto ragion d’essere compreso con pienezza dalla piccola…
A proposito di ciò, il messaggio sul “colore del grano…”, che nel romanzo rappresenta uno dei momenti più topici, viene qui tralasciato senza particolari motivazioni.
Ad essere sacrificata sull’altare (SPOILER!!!) è invece la rosa, il motore immobile dell’intera vicenda. Di fatto, quindi, il percorso vitale del personaggio del Piccolo Principe risulta totalmente fallimentare, in quanto il suo unico obiettivo di trama non viene in alcun modo raggiunto.
In ultima sede, la transizione da un livello narrativo all’altro non ha il minimo senso. Nella seconda metà del film i due universi iniziano a fondersi in un terzo mondo calato dal nulla e basato sul nulla, senza la minima causalità o il minimo circostanziamento, in cui l’obiettivo è puntato unicamente sul perfido carisma degli antagonisti.
Ridatemi Inside Out che è meglio, suvvia…