Per un momento rivolgo un pensiero a tutte quelle persone che, per ritrovare la loro pace interiore, si dedicano alla meditazione, alla preghiera, allo yoga, al collezionismo, alle terme, alla lettura, all’enigmistica.
Poi infilo il casco, premo il pulsante di avviamento e do fondo alla mia belligeranza, conscio che per me è l’unica pace che esista.
Sono a Viamaggio, ad un evento Beta a parco chiuso. C’è tutta la gamma RR 2 tempi e 4 tempi in prova, tutta la gamma Alp, 125 e Trial. I tracciati di prova sono molteplici, dal percorso tecnico nel bosco al fettucciato, fino al circuitino veloce nel bosco. Magari tutto ciò potrà essere sufficiente per le mie manie di grandezza… ma senza nemmeno troppo disavanzo.
Il primo contatto è con il 300 two stroke.
Sono più in terra che in sella con questa moto, ma prendere confidenza con lei è fondamentale per impostare la giornata.
Ho ancora ben chiaro in testa il terrore del 300 preparato dal mio collega e provato sul circuito del Tasso, quindi questa versione standard sembra quasi ferma a confronto. Eppure, giro dopo giro, ho serie difficoltà a scendere di sella: il ghiaccio sta iniziando a sciogliersi.
Ripongo infine l’RR ma solo perchè ho l’occasione di girare sul fettucciato con il X-Trainer.
Per quanto possa giudicare in base alla mia modesta esperienza fuoristrada, il X-Trainer è fenomenale. La differenza di cavalli con il 300 non è così marcata, la maneggevolezza, al contrario, sembra di un altro pianeta. La piccolina anticipa letteralmente ogni manovra, salta da una curva all’altra con una prontezza ed una leggerezza che nel corso della giornata ritroverò a malapena solo sul 350 4t.
Giunge infine il momento del giro tecnico nel bosco.
A metà del giro cedo la piccola Alp 200 per riprendere di nuovo in consegna il X-Trainer. Con l’Alp tocco bene con i piedi per terra, ma i vantaggi di quest’ultima si riducono a questo solo dettaglio. Il X-Trainer, con le sue ruote alte, trasmette più confidenza in qualunque situazione. La differenza di maneggevolezza tra le due è abissale: dove una sembra lenta e pesante nei cambi di direzione, il 300ino si muove svelto e leggero. Quest’ultimo, inoltre, con la sua prontezza di motore e ciclistica, avverte molto prima di quello che sta accadendo e offre margini di recupero degli errori molto più ampi. Tra i nostri due tempi in gamma, si conferma ancora una volta il mio favorito.
Questi giri avrebbero già reso felice qualunque anima serena, ma io voglio di più: il bello deve ancora venire.
Torno al fettucciato e quando si presenta l’occasione mi approprio del 430 Racing.
Tutto il resto è riparametrizzato: il 430 fa impressione da quanto va forte. In qualunque marcia riprende giri con una prontezza da 2 tempi, ma una sensazione di scorrevolezza sconosciuta ai nostri 300. Non può dirsi goffo in alcun modo, solo non è svelto come i due fratelli piccoli, e per farlo girare forte richiede cospicue dosi di impegno fisico e mestiere.
Tuttavia, per me non c’è l’accontentarsi: non importa che il 430 sia in versione preparata con sospensioni Marzocchi e componentistica alleggerita, io voglio quell’altro, voglio quello grosso, voglio l’ammiraglia, voglio tutto il motore che posso avere, voglio tutta la possibile furia dei cavalli, voglio che mi spari fuori dalle curve, voglio che alzi l’anteriore ad ogni apertura del gas, voglio che mi strappi le braccia, voglio che mi provochi una fottuta ed incontenibile paura…
E il 480 mantiene tutte le promesse.
Appena rilascio la frizione penso ‘Forse con questo dovrei andarci piano’.
Poi, dopo la prima curva: ‘Al Diavolo, il timore reverenziale è per i perdenti…’.
Ho aspettato per mesi questo momento, per me c’è solo l’assillante pensiero di fare a testate con lui e di spremerlo fino all’ultimo centimetro cubo, a qualunque prezzo, succeda quel che succeda.
La nostra ammiraglia è da spavento.
Per quanto umanamente concepibile, il 480 fa ancora più strada del 430. Spinge come un indemoniato in qualunque marcia, su qualunque fondo, salita, curva, discesa, non sente niente, non fa una piega, trascina con impeto e veemenza costanti. L’anello debole è sempre il pilota, non è lui, in nessun modo.
Alla fin fine questo grosso mono è solo un pelo meno scattante al primo richiamo del gas, ha un’anima meno corsaiola del 430, che a fine giornata rimarrà il mio preferito tra questi pesi massimi.
Con il 480 mi infilo ovunque, deciso a non risparmiare nulla nel mio confronto contro di lui.
Passo nella melma profonda, ma lo devo rialzare da terra perché lui va dove gli pare senza che io riesca a direzionarlo.
Mi infilo nel fitto del bosco ma stavolta, con quel cannone di motore, divoro il sentiero.
Mi blocco solo sull’ultima rampa, una vera colata di fango, dove due colleghi si impuntano nell’aiutarmi ad uscire.
Il mio conflitto, tuttavia, ha trovato buona pace già da prima, nel fettucciato, quando ho giocato con il coltello tra i denti con il supermotore, e sono riuscito a rimanere in sella senza spaccarmi la testa.
E ora, eternamente mai pago di emozioni, ho solo voglia di un 480 Racing…