L’oca giuliva con le Ali strappate – One step forward

E dopo 5 anni posso rileggere certe memorie con serenità e con un punto di vista un po’ più consapevole (nonchè un immancabile tocco di autocompiacimento!)…

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Perchè, i problemi si possono anche risolvere? Non basta dire “Ma chi se ne frega?” e andare avanti? E’ un modo semplicissimo, intuitivo, facile da applicare e valevole per tutte, ma proprio tutte le situazioni. La considerazione “Il tempo guarisce tutte le ferite”, poi, fa il resto. Ah, che vita rilassata e tranquilla!

Però, se io mi guardo intorno adesso, oltre ad una vita rilassata e tranquilla, “non ho niente” (citazione).

D’altro canto, una vita rilassata e tranquilla è proprio quello che non ho mai voluto: da brava oca giuliva ho sempre chiesto a me stesso e agli altri dinamismo, iperattività e duemila avventure in cui cacciarmi a capofitto. Ne volevo di più, ancora di più e sempre di più.
Perchè tutto è il contrario di tutto, anche tenere il cervello impegnato con intrattenimenti e divertimenti è un modo per non pensare a quello che uno si porta dietro di spiacevole. Per fregarsene all’infinito.

“Gli altri, poi”: vorrei proprio sapere dove sono adesso. Dove li ho cacciati. Sotto quale pietra sono andato a nasconderli. Dietro quale “Ma chi se ne frega?” hanno preso il largo. Aspetta, se non ricordo male deve essere stato dietro al 14.456.635.896esimo. Ah, no, quello era per non aver telefonato a XXX. Dev’essere stato il 14.456.635.897esimo bis, ma il comma 6. E come biasimarli, gli altri: mi sarei comportato esattamente come loro, se fossi stato al loro posto. Anzi, forse no, perchè tra bugiardi ci si riconosce all’istante, e servirsi una parola di falsa commiserazione fa star meglio tutti, chi dà e chi riceve. Per un po’, almeno. “Ah, finalmente qualcuno che ti rivolge un gesto umano”. Quando quel gesto è partito solo con la scusa dell’altrusimo, ed in realtà è solo uno nobile strumento per chiamarsi dietro un altro gesto umano di commiserazione reciproca. Alla faccia del disinteresse, questo sì che è un rapporto sincero! La verità è che la parola “egoismo” è stata bandita dal mio dizionario molto tempo fa in quanto scomoda, ma più probabilmente reinterpretata per le stesse ragioni di comodo.

Egoisti sono tutti quegli altri, quei meschini che non capiscono, che non ti offrono la loro commiserazione, che non vengono a piangere accanto a te dei tuoi problemi, che non provano a risolverteli al posto tuo e che desistono solo dopo 8.765 tentativi di darti una mano concreta. Maledetti infami!

Ego… egoi… egoCHE?

Falciamoli tutti quei maledetti infami, non meritano di starmi vicino. Grande idea quella di resettare! Ci è voluto un grande coraggio ed una grande forza! Mi vorrei stringere la mano per farmi i complimenti da solo!
Appunto, da solo.
Solo. Solo. Solo. Solo. Solo. Solo.
Non ho più niente.
Niente. Niente. Niente. Niente. Niente. Niente.
Pane e nichilismo: gli ingredienti giusti per una merenda di gusto.
Ma bando al pessimismo, think positive: ho una vita rilassata e tranquilla ed un sacco di tempo da dedicare alla moto. Quante volte mi ha frullato per la testa l’idea “Se ne può andare al diavolo tutto quanto, finchè avrò a che fare con le motociclette”. La mia Sv è lì, pronta, marciante ed in perfetta efficienza da più di due settimane. E allora perchè quello pronto, marciante ed in perfetta efficienza non sono io? Perchè ho il cuore afflitto? Perchè soffro?

Perchè mi manca “la serenità dell’animo” (citazione).

La capacità di sorridere.
La capacità di vedere il futuro con ottimismo.
La capacità di fare scelte in libertà.
La capacità di fare scelte senza la paura di rimpianti.
La capacità di fare scelte libere dalla paura.
La capacità di non vedere difficile ogni scelta.
La capacità di non vedere problemi nelle scelte fatte.
La capacità di non vedere problemi ovunque, ma soluzioni.
La capacità di non vedere nemmeno le scelte, di farle e basta.

Ore 7.40. La sveglia suona. “Inizia un altro schifo di giornata”. “Vorrei dormire, non ho corsi da seguire”.
Ore 7.45 “Devo andare, restare in casa mi ha già ucciso abbastanza”.
Ore 7.46 Riassetto la camera a partire dal letto, che non rifatto è sinonimo di incuria, svogliatezza, irresponsabilità, immaturità, scarso impegno, mancanza di rispetto, di devozione, di volontà, di equilibrio e di serietà.
Ore 7.50 Entro in bagno.
Ore 8.15 Esco dal bagno, impeccabile come nemmeno una donna saprebbe essere, ed inizio la vestizione.
Ore 8.29 Dopo 17 prove, vestizioni, svestizioni e valutazioni, memore di circa 843 suggerimenti di eleganza e stile, stabilisco l’uniforme quotidiana.
Ore 8.30 Colazione. L’unica cosa che non è cambiata di una virgola. Anche se una fetta tostata di pan bauletto con marmellata sarebbe più salutare.
Ore 8.35 Riassetto la cucina, memore che un membro della famiglia che non sa nemmeno riempire di acqua una tazza è un essere abietto.
Ore 8.40 Prendo la macchina e ho solo domande in testa:

Dove finisce la mia paura e dove inizia quello che voglio fare veramente io?
Dove finisce il ricordo e dove comincio io?
Contano davvero le motivazioni o solo i risultati?
[…]
La mia vita, quanto mi appartiene e quanto appartiene alla mia paura?
E potrò far mai sì che torni mia? E come?

Delle domande che contano, le ultime due, io conosco già la risposta. Persone che stanno attorno a me l’hanno già trovata prima di me. E non sono felici.

[…]

La tristezza si porta dietro solo altra tristezza, non chiama l’euforia per compensazione. Le persone più incasinate si legano sempre ad altre persone incasinate. Persone che non possiedono la serenità dell’animo cercano di raggiungerla attraverso altre persone che non ce l’hanno. E costruiscono castelli di carte più fragili che mai. Solo che, quando questi ultimi vanno giù, fanno male. Parecchio male.

I primi giorni sono una festa. Perchè non hai ancora realizzato. Non ti sembra cambiato granchè, in fondo.
La settimana successiva, invece, è un abisso di terrore. Se la notte hai la fortuna di rimanere sveglio, trascorri le ore a fissare il soffitto e a lambiccarti il cervello sui perchè, i come, i dove, i quando, i chi, i se. Non ti alzi dal letto nella sola speranza che il sonno ti prenda. Ma se lo fa è anche peggio. Dormire non è un modo efficace per fuggire dai problemi: gli incubi di questa circostanza sono tra i più terribili che una persona possa ricordare. E si susseguono ad un ritmo serrato, fino a quando non ti svegli di soprassalto ed hai una sola paura: quella stessa di dormire ancora. A quel punto la scelta è tua: rimanere a letto (sveglio) e continuare a spaccarti la testa o alzarti. La decisione sembra ovvia, e provi ad alzarti, ma il fisico è stremato dalla mancanza di riposo. Ed è lì che inizia la vera follia: non capisci letteralmente più un cazzo. Anche se ricordi il tuo nome, non sai più chi sei o se hai mai compiuto o contato qualcosa. Qualunque cosa tu faccia, non sai più perchè la stai facendo. Anche se l’hai sempre fatta. Vedi motivazioni ancestrali anche nel gesto di lavarti le mani. Ti chiedi se ne valga la pena. E perchè. E perchè no. E cosa cambierebbe se non lo facessi. O se lo facessi diversamente. Se lo volevi fare o se sei stato costretto a farlo. E da cosa. Ogni secondo che passa si apre un baratro di domande sempre più profondo, e trovi una risposta a tutto. Che però è sia bianca che nera. E scopri che tutto è il contrario di tutto. Hai raggiunto l’onniscenza, ma ti sembra così grande da non poterla sopportare. E le domande si complicano sempre di più, fino a quando riguardano te stesso. E allora sbatti nella non risposta che cercavi: “Non lo so”. Risposta che tuttavia non sei in grado di accettare. Se mai è stato diversamente, il cervello va letteralmente per conto suo. Se apri bocca per parlare, non hai cognizione di quello che stai dicendo. E quando hai finito di dirlo non ne hai quasi più memoria. Essere ubriachi fradici è una festa a confronto: l’ubriachezza ti scioglie, ti sottrae i freni inibitori, il delirio ti incatena e ti menoma la parte razionale del cervello. I riferimenti? Cancellati. Le tue sicurezze? Volatilizzate. Convinzioni? Frantumate. Inizieresti a sbattere la testa nel muro, nella speranza di sentirne dolore e di saperlo riconoscere come tale. Ti agiti e cammini. Ma non sai dove andare. Vorresti fuggire, ma non c’è posto dove ti ripareresti. Chiederesti aiuto, ma nessuno potrebbe capire il tuo linguaggio sconnesso. Apri bocca e vedi (o vuoi vedere) solo lo sguardo attonito e spaventato di chi sente le tue parole deliranti. E la poca razionalità che credi ti sia rimasta ti suggerisce conclusioni unilaterali: esaurimento, depressione, crisi di nervi, attacco di panico.

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