Il Presidente e l’ultimo arrivato

Al culmine del periodo estivo, un piccolo ripescaggio che qui trova la sua più ovvia collocazione, in attesa della stesura di qualcosa di veramente nuovo…

La pubblicazione di questi pezzi risale ai Notiziari GAF n° 14 (Ottobre 2002) e 15 (Dicembre 2002).

ACCIDENTI AI MANGA!
Di Maurizio Perissi

L’invasione in Italia dei “Manga” ha le sue origini durante gli anni settanta quando la televisione cominciò ad importare le prime serie televisive “Anime”; tutti i ragazzi di allora cominciarono a seguire tali serie con passione e dedizione.
Ma quali sono i fattori che incisero in modo particolare sull’affermazione di questo genere?
1) Erano i tempi della grande diffusione della televisione in Italia;
2) La Walt Disney non concedeva volentieri i diritti dei propri cartoons e, quando si decideva a farlo, chiedeva prezzi esorbitanti;
3) La fascia oraria dei programmi per ragazzi era particolarmente appetita per le TV ma i prodotti scarseggiavano;
4) I Giapponesi avevano trovato il sistema di far pagare poco le proprie serie iniziando una grande produzione industriale ed una distribuzione mondiale molto capillare;
5) Il segno grafico era semplice e ripetitivo; le storie erano ovvie e scontate e non richiedevano tanto impegno intellettuale agli usufruitori di tal genere;
6) I genitori avevano sempre meno tempo da dedicare ai propri figli ed era una vera manna per loro metterli tranquilli davanti al televisore.
Gli autori giapponesi, attenti osservatori della realtà americana, capirono subito l’importanza della sinergia Anime/Fumetti e praticamente ad ogni serie televisiva affiancarono collane di fumetti che, riportando fedelmente il segno grafico delle serie televisive, ne costituivano quasi un complemento.
In quegli anni stavano sparendo dalle edicole quasi tutte le riviste a fumetti per ragazzi per un deciso calo di vendite ma il settore merceologico era troppo interessante per gli editori che non volevano assolutamente perderlo; ed allora, rinnegando la qualità ed i principi educativi, quasi tutti gli editori nostrani si buttarono sui manga risolvendo così anche le loro difficoltà economiche.
Piano piano tutti i giovani si misero a comprare solo manga e tutte le altre produzioni scomparvero quasi dal mercato; le serie americane ed europee mantennero tirature modestissime più per amatori che per fruitori normali di fumetti; per la verità riuscirono a tenere i fumetti popolari e, in modo alternante, le serie dei supereroi americani (vedremo il perché un’altra volta).
Una conseguenza del diffondersi del mezzo televisivo è stata quella di non far “pensare” i ragazzi e li ha portati a leggere sempre meno, impoverendo notevolmente la loro cultura personale; forse è dovuta anche a questo fatto l’affermazione dei manga nelle edicole che hanno, come si diceva, un segno grafico semplice e ripetitivo e storie affatto complicate.
La scarsa qualità artistica del genere è dimostrata anche dal fatto che risulta particolarmente difficile distinguere in modo certo i vari autori; mi viene da sorridere quando mi si dice: vedi, questo autore si riconosce per il taglio diverso degli occhi dei suoi personaggi e penso con nostalgia all’inconfondibile grafica dei grandi autori di fumetti; non importa disturbare i grandi maestri del passato! Basta guardare le opere degli autori contemporanei che hanno voluto mantenere la loro impronta artistica; fra gli italiani ancora in vita si può ricordare Giardino, Manara e pochi altri mentre in Francia, Belgio, Spagna, Inghilterra gli autori validi sono molto più numerosi.
I ragazzi italiani, si è detto, leggono solo i manga; e poi quando diventano più grandi e sorgono in loro altri interessi più seri o comunque più intriganti cosa succede? Succede che i lettori non ci sono più, smettono di comprare la produzione giapponese ma non acquistano certo altre produzioni che non conoscono e che anzi qualcuno ha insegnato loro a disprezzare. Che forza ha nel mondo l’ignoranza!
Da quanto sopra detto non si deve evincere che la colpa della crisi del fumetto in Italia è soltanto dei manga (peraltro ci sono anche degli autori di questo genere che hanno un grande spessore culturale) ma certo è che i manga hanno inciso notevolmente sulle preferenze dei giovani ed hanno portato i medesimi a misconoscere gli altri generi.
Mi viene in mente un pensiero: ma i furbi editori italiani non c’entrano per nulla sul disfacimento del mercato fumettistico?

CHE FORZA HA NEL MONDO L’IGNORANZA!
Di Alberto Landini

Il vero difetto dei “Manga” e degli “Anime”, se difetto lo vogliamo chiamare, è soltanto uno: quello di essere giapponesi, frutto di una società diversa ed alquanto particolare rispetto a quella nostrana. Questa caratteristica è stata considerata una giustificazione sufficiente al tentativo di bistrattare nel corso degli ultimi vent’anni i prodotti orientali, il tutto per un’inutile sorta di xenofobia o di protezionismo, nella maggior parte delle volte infruttuosi e senza la minima cognizione di causa. Lo stereotipo che il lavoratore giapponese medio non sia altro che un compassatissimo omino giallo dagli occhi a mandorla che lavora dalla mattina alla sera è duro a morire! In realtà queste conclusioni sono frutto di analisi approssimative e carenti, che non rispecchiano assolutamente i fatti, ma che forniscono un ottimo pretesto per continuare a vittimizzare i fumetti italiani ed americani e per farli apparire alla mercè dei prodotti orientali.
Facciamo maggiore luce, intanto, su un paio di punti:
2) Se la Walt Disney non concedeva volentieri i diritti dei propri cartoon perchè non scrivere un editoriale contro la Disney ed i suo prezzi?
4) Non è mai esistita alcuna distribuzione capillare, capita ancora oggi che cartoni giapponesi vengano trasmessi senza che le case produttrici giapponesi ne siano al corrente.
5) Il segno grafico era semplice e ripetitivo -negli anni 70 non è che si potessero fare miracoli- e, ad ogni modo, non era dissimile dai livelli qualitativi di qualsiasi altra animazione. Anzi, a parità di fascia di costi, l’animazione giapponese è sempre stata un passo avanti a tutte le altre.
6) Stesso discorso per la Disney: se per i genitori era una manna tenere buoni i figli ed essi dovevano ricorrere al televisore, la colpa era forse dei cartoni?
Ma, va bene, gli anime sono stati innegabilmente favoriti. Tuttavia, i manga cosa c’entrano in tutto questo? Alla base del boom dei manga non sta il fatto che il pubblico voglia ritrovare quello che aveva visto nei cartoni, ma sta il fatto che era il manga in sé a piacere, lo dimostrano due fatti:
1) Che i manga del boom fossero tutti titoli moderni e che non avessero niente a che vedere con i cartoni degli anni ’70. Solo ora, con l’affermazione del mercato, si recuperano titoli così datati.
2) I manga stanno conquistando anche il resto d’Europa, ed in paesi come Francia o Germania non sono state trasmesse che poche serie giapponesi; nessuna facilitazione da parte degli anime quindi.
Allora a favorire l’avvento dei manga subentrano fattori come la crisi del mercato del fumetto per ragazzi. Anche in questo caso, quale sarebbe precisamente la colpa dei manga? Che tutti gli editori tramite i manga abbiano risolto le loro difficoltà economiche è falso, clamorosi gli esempi di Granata Press e di Comic Art, entrambe che disponevano di un nutrito catalogo di manga. Inoltre, se il mercato era in crisi e sono stati i manga ad avere la meglio significa solo due cose:
1) L’impegno degli editori del fumetto per ragazzi era scarso, o quantomeno insufficiente.
2) Posto che il pubblico non acquista indistintamente qualunque prodotto, significa che il pubblico stesso riteneva la qualità del manga superiore a quella delle altre pubblicazioni italiane e non.
Ma invece di essere entusiasti che i giovani leggessero almeno dei fumetti seppur giapponesi al posto di un bel niente (la crisi ne è testimone), si ricorre a stratagemmi morali come la presunta diseducatività dei manga ed alla loro semplicità e ripetitività. Sfatiamo due miti:
1) I manga non sono diseducativi come si vorrebbe far credere. In cosa lo sarebbero? Dove? Quando?
(Ma un fumetto deve essere un qualcosa di educativo o deve essere uno strumento di espressione artistica?)
2) I manga non sono fumetti di scarsa qualità e non è affatto difficile distinguere i vari autori. Sembra il contrario solo perché il manga è un fumetto specializzato, e ad avere successo presso il grande pubblico sono solitamente titoli piuttosto infantili, sia come qualità delle trame che dei disegni. Ma infantile non è sinonimo di scarsa qualità o altro. Esistono manga che hanno un minor successo ed una tiratura limitata, ma sono titoli di artisti che reggono il confronto con qualunque altro autore di fama mondiale, e gli stessi americani se ne sono resi conto. Un nome su tutti: Masamune Shirow.
Non esiste alcuna conferma, poi, che dopo aver letto un manga l’utente smetta di leggere fumetti di altro genere. Inutile fare di tutta l’erba un fascio, c’è chi comincia con un Dragon Ball (la massima espressione del manga infantile) ma che poi passa al già citato Masamune Shirow, e chi va ancora oltre, scoprendo le qualità di Masamune Shirow in altri autori del resto del mondo. Ma c’è chi da questi autori stranieri arriva invece a Shirow e da lì a tutti gli altri manga (pochi in realtà, per questo esistono editoriali di questo genere). E non è finita, in entrambe queste due direzioni c’è, come c’è sempre stato, una minoranza che accompagna un libro ai propri fumetti, e non sono affatto casi così sporadici. I lettori diminuiscono, a causa della televisione, del computer, di Internet, del telefonino, della musica boy band, della moda ecc. ecc. E, all’interno dell’ambiente televisivo, dei programmi sportivi, della satira, del Grande Fratello, delle soap opera, delle sit-com ecc. ecc.
Mi viene in mente un pensiero: ma tutte queste cose non c’entrano per nulla con il “disfacimento” della cultura personale giovanile?

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