“Mars”

Tanto per usare una citazione colta, anche se non del tutto appropriata: “E’ giunto l’inizio”, “[…] tutto comincia da qui”.
A seguire, il secondo articolo che scrissi per il Notiziario GAF, incentrato sul manga della Soryo con il quale lo shojo moderno fa in Italia la sua comparsa in grande stile. L’articolo è stato così pesantemente rielaborato da risultare in pratica quasi del tutto riscritto. E’ ben lungi dall’essere ritenuto soddisfacente, ma almeno la superficialità delle osservazioni e l’uso di un linguaggio appropriato sono stati quasi del tutto corretti.

 

“MARS” di Fuyumi Soryo

Scelto in questa seconda occasione di parlare di Mars, l’unico modo per inquadrarlo esaustivamente  nel contesto che gli compete è definirlo in base al suo genere: “shojo manga”. “Shojo” in giapponese significa “ragazza” ed il relativo genere costituisce un tipo di manga particolare per tematiche e considerazioni che, pur ottenendo solo raramente numeri di vendita paragonabili a quelli degli “shonen manga” (“manga per ragazzi”), ha grandissimo seguito in Giappone. In termini quantomeno generali, lo shojo manga è caratterizzato da una storia in cui viene concesso ampio spazio all’aspetto più marcatamete sentimentale della vicenda. Nella maggior parte dei casi gli autori di questo genere sono donne ed il loro segno grafico gentile e delicato ben si identifica in qualsiasi categoria narrativa esse si cimentino (ne sono esempi gli shojo fantasy, storici, horror oppure shojo con animali ecc).
A livello di trama, le situazioni più quotate al giorno d’oggi e per un lunga progenie, sono quelle del triangolo amoroso o della costituzione della coppia improbabile. In questi canoni così rigidi è dunque abbastanza difficile realizzare qualcosa di nuovo. Mars, invece, benchè non esente da critiche artistiche di un certo livello, riesce quantomeno a ritagliarsi una sua identità.
Innanzi tutto un po’ di storia: Kira Aso è una studentessa a cui piace molto disegnare, dotata però di una personalità eccezionalmente chiusa ed introversa. Kira detesta essere messa al centro dell’attenzione, tende sempre ad isolarsi e a vivere con il suo hobby in perfetta solitudine. La sua personalità è però destinata ad essere profondamente sconvolta dall’arrivo del bello ma sregolato Rei Kashino. Quest’ultimo è un ragazzo che vive alla giornata, di cui inizialmente non si conosce il passato, passato che tuttavia si svela gradualmente nel corso della narrazione. Alla sua prima apparizione, Rei manifesta una forte personalità ma anche una totale incapacità di pensare al proprio futuro. Dopo che i due ragazzi si sono conosciuti, tuttavia, cominciano entrambi a cambiare, ad avvicinarsi e a sentire sempre più il bisogno l’uno dell’altro. Per dovere di rispetto ai canoni, gli ostacoli alla loro relazione si rivelano molteplici, ma come primo punto a favore di questo shojo non sono costruiti in modo da trascinare per lunghe tempistiche ingiustificate il coronamento del sogno d’amore della coppia. Che le caratterizzazioni due due protagonisti siano state ideate per completarsi a viceda appare ben presto evidente e, di fatto, la narrazione insiste poco su questa condizione  transitoria. La coppia si forma cioè in tempi brevi e l’indirizzo della trama devia poco dopo verso l’indagine introspettiva dei due membri, sia come background storico che come personalità. I risultati offrono tuttavia toni altalenanti e ci mostrano anche tentativi piuttosto goffi. Gli esempi vengono direttamente dalla bocca di Rei: “Tanto se muoio nessuno piangerà per me”. 
“Guida la moto con aggressività, come se giocasse ad un videogioco. Se muore il gioco finisce, e se sopravvive può continuare a giocare”. 
Le frasi ad effetto hanno da sempre fatto parte del fumetto giapponese, tuttavia in Mars giocano per la prima volta sul campo della pura commedia in stile shojo per come siamo abituati a leggerla. Benchè infatti in Giappone lo shojo abbia visto un lento ma progressivo ammodernamento, in Italia abbiamo saltato tutta una fase centrale di evoluzione, passando dallo forma classica a quella moderna moderna, che torna alla ribalta nel Belpaese proprio con questo titolo della Soryo. Si può parlare di “shojo manga moderno” anche entro i termini di quelle stesse frasi ad effetto: benchè evidentemente vezzose e di fatto inutili narativamente, tali sono una diretta conseguenza della personalità di Rei, di uno sforzo di caratterizzazione del profilo psicologico, dei risvolti degli aspetti più “oscuri” del suo carattere. Gli shojo manga moderni sono infatti accomunati  dal concentrarsi  sull’identificazione del lettore nei personaggi (che quindi devono essere verosimili) e solo in seconda istanza su azione, situazione e circostanza. Non a caso, le personalità dei due protagonisti, sono “non comuni” nel loro eroismo fumettistico ed amplifcate attraverso un forte effetto scenico, ma, tutto sommato, rispecchiano condizioni di relativa plausibilità e verosimiglianza. Si tratta di un lodevole punto di partenza: la narrativa di livello più alto è sempre quella costruita attorno all’analisi dell’individuo e nella forma dell’uomo. Detto ciò si può unicamente trarre la conclusione che a Fuyumi Soryo resti solo da scegliere quale strada intraprendere per il raggiungimento dell’optimum, vale a dire la perfezione non solo negli obiettvi, ma anche nella stessa forma stilistica dell’opera. 
La prima strada: la moderazione nei suoi toni narrativi. Temi come il suicidio, il bullismo, l’antropofobia e la violenza sono tasti delicati che devono essere premuti solo con estrema moderazione e cognizione di causa, e non giustificati o motivati da un intrinseco effetto scenico. In quest’ultima evenienza, meglio il completo abbandono.
La seconda: la costruzione di una complessa struttura narrativa omocentrica, che tuttavia non può essere basata sulle sole avventure sentimentali della più che canonica coppia e che costituisce l’unico contesto atto a valorizzare la drammaticità dei temi difficili tanto cari a Fuyumi Soryo e toccati in questo manga. Soltanto in questo secondo caso il percorso dell’autrice potrebbe considerarsi concluso e porterebbe alla creazione di un shojo ancora più introspettivo, del tutto sconfinante dai rigidi confini imposti del genere. D’altro canto, i segnali di un’ambizione al volersene discostare sono già tangibili. Dunque perchè non travalicare allora qualunque limite del compromesso, abbandonare i risvolti “trendy” e lasciar parlare i personaggi per bocca loro, invece che per esigenze di copione e spettacolo?
Passando all’analisi grafica il discorso non cambia in grande sostanza.
Sfogliando questo shojo si rimane colpiti dal fatto che l’uso dei retini è praticamente sconosciuto a Fuyumi Soryo. Questioni di scelte di stile ovviamente, ma allo stesso tempo un vero peccato, perché gli anni Novanta hanno portato ad una  sorta di rivoluzione nell’uso delle mezze tonalità e ciò ha reso i lettori molto esigenti. Mars, invece, è solo bianco e nero e saltuariamente trasmette una sensazione di vuoto, che manchi di qualcosa. Per essere obiettivi, bisogna tuttavia osservare che il genere shojo, in generale, è solitamente caratterizzato da uno stile grafico povero di sfondi e volto alla definizione del minimo indispensabile in termini di descrizione dell’ambiente narrativo.
Mancando il fattore riempimento osserviamo meglio la definizione dei contorni: le tavole sono generalmente di buona qualità, dinamiche ma piuttosto composte, ordinate, e non eccessivamente scarne né inestricabilmente piene di tratto.
Il character design dei personaggi è un buon compromesso tra semplicità, eleganza ed individualità del tratto. Lo stile è uniforme, e, se c’è evoluzione grafica per aumentata dell’esperienza dell’autrice, essa non traspare dai volti dei personaggi, segno di un attento studio preliminare.
Caratteristico dell’autrice è l’uso molto frequente di primissimi piani, volti a porre in debita evidenza le espressioni dei personaggi alle quali si riconduce  con più naturalezza un determinato stato d’animo. La trasparenza emotiva che emerge da queste bignette è buona, ma alle volte rimarcata con infruttuosa insistenza. 
L’ultima nota artistica riguarda gli incredibili “deformed”, efficaci, gradevoli, essenziali e dalla mimica azzeccatissima. La loro caratteristica migliore rimane la simpatia che sono in grado di suscitare, ma è importante sottolinearne anche l’uso coerente. Troppo spesso, infatti, nei titoli commerciali questi espedienti grafici costituiscono un abuso volto a forzare i toni narrativi entro livelli adeguati ad un pubblico infantile, per i quali ogni vezzo di drammaticità deve essere escluso. L’uso dell’ironia in Mars nella forma dei deformed costituisce invece un piacevole intermezzo narrativo e non una forzata intrusione di circostanza.

3 Commenti a ““Mars””

  1. Lelir scrive:

    Mars!!! Che nostalgia!!!!
    Bella analisi di Mars, complimenti; l’unico giudizio che non condivido pienamente è quello sui retini: secondo me una delle particolarità della Souryo è proprio il fare a meno dei retini, in modo tale da far risaltare i personaggi presenti nelle tavole nella loro essenza, privi di sfumature grafiche che magari rischierebbero di distrarre il lettore. Questa è solo la mia opinione, eh, siamo chiari, e non intendo assolutamente dire che se un/a mangaka usa i retini, allora è una testa-vuota che punta solo all’effetto grafico!
    A presto e buona serata ^^
    Bye bye!

  2. Ali scrive:

    Benritrovata Comandante!
    Ne è passato dai tempi di Mars, vero?
    Capisco perfettamente cosa intendi in merito ai retini e ti dirò di più: da un punto di vista oggettivo sono perfettamente d’accordo con te. Però da buon Clampiano quale sono, a me piace anche vedere retinato fino all’ultimo mm quadrato delle tavole e scorrere disegni con una gamma cromatica di 11 milioni di tonalità di grigio. Non è stato molto obiettivo da parte mia far trasparire questa predilezione all’interno del pezzo, lo ammetto, però ho comunque cercato di non essere troppo di parte (“Questioni di scelte di stile…” ecc.). Devo rimaneggiare ancora secondo te?

  3. Lelir scrive:

    Ti capisco molto bene per la questione dei retini: se ripenso al primo manga della mia vita, Video Girl Ai, ancora mi commuovo al ricordo di quei retini ^^
    Secondo me hai scritto un pezzo molto equilibrato che non mi sembra bisognoso di rimaneggiamenti, ma devi esserne soddisfatto tu per primo.
    Vo a dormire ora, casco dal sonno x__x zzzz
    Buona notte!

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