Peccato avere quel buco sul calendario, non è proprio il massimo esteticamente parlando. Ma prima o poi doveva capitare, pazienza.
Ho letto il numero 21 del manga di “Evangelion” di Yoshiyuki Sadamoto.
Questa volta introduzioni particolarmente dettagliate sarebbero abbastanza fuoriluogo, giacchè potrei riempire pagine e pagine parlando di “Evangelion” e del mio rapporto con lo stesso D’altro canto, mi ritroverei probabilmente a ripetere cose già dette nel materiale redatto in dieci anni di passione “Evangelion”. (Nota di compiacimento: tre articoli e due dossier per 130.000 battute).
Sì, l’anime di Anno è il mio preferito.
E sì, ho comprato qualunque cosa fosse acquistabile di “Evangelion” (cuscini e monili compresi), questo numero 21 del manga è solo l’ultimo anello di una lunga catena.
Come in precedenti casi analoghi, questo numero del manga costituisce un’ottima scusa per parlare della serie in oggetto, ma per le ragioni esposte poco sopra mi soffermerò solo sul tema “Evangelion versione manga”.
La prima osservazione che vorrei formulare riguarda i tempi di pubblicazione della serie. Iniziato ad uscire nel 1995 in contemporanea con la proiezione dell’anime, solamente quest’anno (nel 2008) il manga è riuscito a completare la trasposizione degli eventi narrrati nella serie televisiva, già conclusasi nel 1997.
Francamente, la lentezza di uscita di un manga può costituire un disturbo nella lettura, ma è giustificabile se la produzione ambisce a livelli artistici piuttosto elevati. Ne sono esempi manga come “Bastard!!”, “Seraphic Feather” o “Glass no Kamen”.
Ma non “Evangelion”.
Primo: nel manga di Eva, Sadamoto ha la storia già pronta, deve solo ritrasporla.
Secondo: i livelli artistici sono buoni, ma nient’affatto elevati.
Terzo: l’idea di far convergere le tempistiche del manga con la produzione dei nuovi film di Eva è lodevole, ma anche una spudorata manovra commerciale per coprire la mancanza di impegno di Sadamoto.
Al di là delle congetture, comunque, il dilatarsi dei tempi di pubblicazione di questo manga ha avuto una serie di ripercussioni disastrose anche sulla qualità del fumetto stesso.
In primo luogo, è assolutamente intollerabile il repentino cambiamento di ritmo narrativo presente a metà opera. I primi 6 volumi del manga sono niente più che la puntigliosissima, lenta e minuziosa riproposizione cartacea dell’anime. Dal volume 7 in poi iniziano le differenziazioni, ma soprattutto si introducono dei pesantissimi tagli per sfrondare e sveltire la narrazione (procedimento del tutto infruttuoso all’atto pratico, come abbiamo visto), fino a epurarla di tutto ciò che ne potesse rallentare il ritmo narrativo.
Da un’eccesso all’altro, insomma.
I tagli, in secondo luogo, hanno sacrificato componenti che non erano necessari alla comprensione della trama, ma che invece nell’anime costituiscono un arricchimento nella descrizione dei personaggi, dell’ambientazione e di altri elementi narativi assolutamente NON meno importanti della trama stessa. Si potrebbe dire che questo manga di Eva è la versione povera di Eva stesso.
Non basta: per ricucire gli strappi ed i tagli effettuati, si è stati costretti a porre delle toppe narrative non previste sullo script dell’anime. A parte la blasfemia di tale processo, ciò ha evidentemente comportato il crollo di un complesso castello di carte e l’uso di una serie di espedienti o adattamenti di ripiego che hanno de-valorizzato ulteriormente il manga. Classici esempi di questo punto sono lo strano comportamento di Shinji (Shinji a Gendo: “Toh, chi si vede…”) ed il completo ribaltamento del rapporto Shinji-Kaoru (Kaoru a Shinji: “Bè, dì qualcosa! NON IGNORARMI!”).
Parlare di completo anacronismo non appare affatto fuori luogo.
L’unico elemento ad aver guadagnato qualcosa dai dodici anni di pubblicazione è il tratto di Sadamoto, ma anche qui si stagliano delle pesanti ombre.
Il segno, inizialmente piuttosto rigido e quasi rozzo, ha avuto tutto il tempo di addolcirsi ed il livello di dettaglio è cresciuto notevolmente. L’uso dei retini, inizialmente quasi inesistenti, ha fatto passi avanti enormi e la scelte delle tinte e della gamma cromatica adesso si attesta su livelli degni della fama dell’autore.
Per ottenere una completa assoluzione restano due cose da migliorare:
In primo luogo, l’uso delle linee cinetiche, ancora eccessivamente invasive e troppo presenti nelle tavole, come a voler forzare un’interpretazione ancor più dinamica del già ipercinetico stile narrativo.
In secondo luogo, il character design è involuto, invece che migliorare. Da sempre cavallo di battaglia di Sadamoto a causa dell’ottimo compromesso tra essenzialità ed eleganza, non ha perso la sua storica caratterizzazione ma ha mosso passi indietro per quanto riguarda la gentilezza d’insieme. E’ come se una buona di plasticità se ne fosse andata, sostituita da un segno più sicuro e sbrigativo.
Un nuovo, maldestro, tentativo di velocizzare il ritmo di pubblicazione?