Mi sembrava fico avere una sequenza di recensioni lunga 5 giorni consecutivi o più, ma evidentemente si tratta di un ritmo troppo sostenuto per le mie tempistiche, pertanto questa è l’ultima volta che faccio il simpatico nei confronti del server (vedi Commenti).
Ho letto il numero 15 di “Oh, Mia Dea!” di Kosuke Fujishima.
Anche in questo caso non si tratta di un acquisto casuale. Sto seguendo questo manghetto dal primo numero della sua nuova edizione in monografico, dopo averlo letto a spizzichi e bocconi su K-Magazine. La ragione che mi spinge verso tale acquisto si può ricercare proprio in questo: la mia cultura di otaku si è sviluppata proprio di pari passo con K-Magazine ed, in fondo in fondo, “Oh Mia Dea” era il manga più carino ospitato sulle pagine di tale rivista. Per dirla in maniera un po’ brusca, ripubblicarlo in monografico è stata una bella manovra di stampo nostalgico ed io sono cascato nella rete.
Ma questo non ha niente a che vedere con le caratteristiche qualitative del manga in sè, parliamo dell’Opera Magna di Fujishima.
Prima nota di demerito, lo stile autoconclusivo degli episodi. Capisco che si tratti di una scelta stilistica, anche particolarmente sensata nel caso di pubblicazioni su testate settimanali o a breve periodicità, e che come tale andrebbe rispettata, ma il risultato è solo quello di una narrazione frammentaria ed inconcludente. La cosa può andare bene per opere satiriche come “I Simpson”, ma non mi risulta che esistano edizioni de “I Promessi Sposi” ad episodi. La trama di “Oh Mia Dea” è sostanzialmente inesistente: posto l’incipit che le tre sorelle si trasferiscano al tempio con Keichi e la conoscenza di alcuni personaggi di ciclica comparsa, non esiste nessun consistente motivo di coesione narrativa. I personaggi, nonostante tutto, suscitano una certa simpatia e quelli più smaccatamente umoristici risultano anche piuttosto divertenti, ma la modestia delle singole trame non li mette certamente alla prova e manca di tirar fuori con meritata veemenza quello che probabilmente sarebbe il meglio di loro (Skuld ed il suo desiderio di crescere, Urd e la sua doppia natura). Talvolta gli spunti umani destano anche un certo interesse (l’insicurezza di Belldandy nascosta dietro ad un viso perennemente sorridente), ma ciascuno di essi è intrappolato in pagine e pagina di elementari avventure umoristiche e l’effetto generale ricorda quello fiabesco, con una morale camuffata attraverso una pesante distorsione della realtà.
Stesso dicasi per le scene a tocco poetico, che non mancano, ma che sono soffocate da un enorme volume di toni eccessivamente smorzati.
Questo stile di stampo a tasselli di mosaico per la caratterizzazione dei personaggi o dei buoni sentimenti potrebbe avere tuttavia un suo inquadramento, certo è che i tempi si stanno allungando a dismisura (1988-2008).
Vale la pena, poi, spendere alcune parole sullo stile grafico di Fujishima. Si dica a suo favore che egli è stato in grado di evolvere da un character design tra i più sgraziati (eufemismo) della storia del manga ad uno dei più gentili in assoluto, piuttosto carico di espressività e trasparenza, ed anche molto scherzoso sullo stile caricaturale (le strisce umoristiche rimangono esempi qualitativamente imbattuti di comicità stile manga).
Si dica anche che Fujishima è un artista molto capace anche con il colore, ma questo discorso ha senso solo marginalmente, visto il più che modesto numero di tavole a colori che accompagnano la serie.
Ciò che sarebbe completamente da rivedere è la cura degli sfondi. Che sono inesistenti. Eccezion fatta per gli establishing (strettamente necessari per un minimo di comprensibilità narrativa), le tavole sono riempite solo dai personaggi, perennemente proiettati su enormi sfondi bianchi. Una mancanza di non poco conto, considerando che dove ritenuta opportuna (!) la cura dei particolari è notevole, basti osservare la verosimiglianza dei mecha (le auto, le moto e quant’altro abbia a che vedere con la meccanica).
La mia conclusione, in questi casi, è sempre la stessa: cosa c’entrano i personaggi? Se Fujishima è così tanto appassionato di auto e moto, che disegni solo auto e moto, ma non lasci gli altri elementi dei suoi fumetti così, compiuti solo per metà.
Nota in merito al n° 15: Fujishima può dire ciò che vuole, in una sfida Ali con Yamaha TDM 850 Vs. Valentino Rossi su Kawasaki KSR110, Valentino verrebbe polverizzato nel giro di un nanosecondo. Certi gap di potenza non sono colmabili con NIENTE. (E vabbè, ammetto che qualunque libertà narrativa è stata ritenuta illegittima per pura deformazione professionale).
Tag: commedia, Kosuke Fujishima
Scusa, Ali, ma perché dovresti fregare il server? Che ti ha fatto, poverino? ^^
Ciauuu!!!
Ma niente, sono i divertimenti poveri di un neo-blogger: non si può esattamente retrodatare un post (in realtà si può, al momento non so come, ma sono certo che si possa fare), ma basta scrivere qualcosa prima dello scattare della Mezzanotte e dopo modificare il testo con la dovuta calma (la data di modifica non sovrascrive quella di pubblicazione).
Me furbo! 🙂
Coraggio…
La primavera fa di questi scherzi 🙂 🙂