“Enigma”

Torniamo a quello che dovrebbe essere il leit-motiv di questo blog: il cinema.

Ho visto “Enigma” di Micheal Apted.

Concludo così la mia quadrupla di film di matematica con matematici (insieme a “Oxford Murders”, “Il terorema del delirio” e “A Beautiful Mind”). In realtà, come in “Oxford Murders”, l’elemento matematico è puramente di ambientazione, ed in questo caso anche piuttosto marginale, tuttavia ogni tentativo di costruire un buon contorno alla trama ed ai personaggi rimane a mio parere uno sforzo decisamente apprezzabile.

Detto ciò, devo ammettere che non mi aspettavo grandi sorprese da questo film (Kate Winslet era il mio unico richiamo), ma mi sono dovuto ricredere.
Il film è tratto da eventi storici reali (la decodifica delle comunicazioni naziste in cifrato) ma gioca contemporaneamente sia su tale piano che su quello del thriller, con la fittizia ricostruzione dell’indagine di un presunto omicidio e di una misteriosa sparizione. Bisogna dire che l’intreccio risultante è frutto di un ottimo lavoro di sceneggiatura, in cui le due componenti si appoggiano l’una all’altra per trarne entrambe beneficio. Il film è narrativamente giocato quasi per intero sul tema duale: nella prima parte presente e passato si incrociano ripetutamente nella vita e nei ricordi del protagonista per spiegare l’antefatto, nella seconda parte il parallelismo è abilmente giocato sul punto di vista dei crittografi con quello del personaggio di Kate Winslet che si imbarca nella sua personale indagine, ed alla fine il cerchio si chiude di nuovo grazie all’elemento temporale, con una sorta di proiezione nel futuro. Nel complesso una struttura piuttosto sofisticata, ma solida e, nonostante ciò, piuttosto lineare e scorrevole, in cui niente è lasciato al caso ed in cui tutto ritorna senza stridii al momento giusto, come nella migliore tradizione del thriller che si rispetti.

Molto buono anche lo studio dei personaggi, composto da un gruppo di individui ben caratterizzati (interessante la figura del poliziotto), riuscito soprattutto da un punto di vista di eterogeneizzazione (i matematici) e, soprattutto, di credibilità (i militari). A questo buon risultato concorrono anche la cura di fattori minori, come il trucco ed i costumi, evidentemente tenuti in grande considerazione. Gli elementi di ricostruzione storica, in generale, sembrano adeguati ad adempire il loro scopo. Francamente non saprei identificare potenziali errori di anacronismo storico, ma da un punto di vista di realtà scenica pare non esservi molto da eccepire (più deboli gli effetti speciali del bombardamento dell’U-boat, ma evidentemente il film non gioca su questo elemento).

La mia unica annotazione riguarda in leggera parte la recitazione del protagonista, Dougray Scott. Non siamo assolutamente su livelli disprezzabili, ma la complessità del personaggio, della trama e la forza dei personaggi secondari fanno emergere talvolta qualche limite di troppo nella capacità espressiva dell’interprete principale.
Tuttavia mi sento di dire che in generale la sfida è vinta, e che il fatto di esserci riusciti senza ricorrere a grandi nomi Hollywoodiani (eccezion fatta per la brava Kate) rende questa vittoria ancora più saporita: le incrollabili mura di Jericho hanno svolto egregiamente il loro compito ancora una volta.

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