Finalmente cinque minuti di tempo e la visione di un film meritevole, entrambi prerequisiti ritenuti necessari per la stesura di un post all’altezza di tale nome.
Ho visto “Oxford Murders” di Álex de la Iglesia.
Fa sempre piacere rispolverare i vecchi generi e con questo film torna di scena (almeno nel panorama delle mie visioni) il genere poliziesco-investigativo, in uno stile piuttosto diverso dai lugubri thriller cui siamo più abitualmente avvezzi. I toni sono piuttosto moderati e la narrazione, più che sbandierare la canonica serie di efferati omicidi, asseconda con ritmo il percorso necessario all’identificazione del criminale (tanto che nei primi 20 minuti di film pensavo di vedere una puntata del “La Signora in Giallo”). Mi viene fatto notare che se l’obiettivo del film era proprio quello di descrivere con stile il dipanarsi della suddetta matassa, assistiamo ad alcune forzature narrative di troppo (il comportamento di Seldom), coincidenze un po’ troppo fortuite (il libro di anatomia), talune incongruenze ed anche alcuni bug (l’esplosione atomica di un bus con serbatoio vuoto). Non posso che essere d’accordo con queste osservazioni (lo stile è un argomento su cui si può discutere soggettivamente, la coerenza con i propri obiettivi cinematografici proprio no), ma ho visto castelli di carte crollare con molta maggiore facilità (non che questa sia una giustificazione, ma può essere un elemento di giudizio per rapportare correttamente ad un’ideale scala di valori).
Aggiungo una nota positiva sull’ “ambientazione”: interessante porre la scena in loco ad Oxford, tra crivelli, dimostrazioni, congetture secolari ed affascinanti divagazioni su filosofia matematica e teoria dei numeri. Non siamo sui livelli metafisici (che amo) di “Pi – Il Teorema del Delirio” -ovviamente a causa dell’appartenenza a due generi cinematografici completamente diversi- ma questo contorno conferisce un interessante elemento di cura ed attenzione narrativa. L’excursus sul delitto perfetto, poi, è eccezionale.
Buone le performance degli attori (ma ci avrei messo la mano sul fuoco), ed in effetti stupisce vedere un attore popolare come Elijah Wood in un film Made in Spain. Ecco, a proposito di ciò, ma io mi chiedo (ci chiediamo): adesso anche gli spagnoli hanno dimostrato di saper veleggiare con produzioni di una certa qualità e di una certa visibilità. Noi cosa abbiamo meno degli spagnoli?
Perchè in Italia sappiamo produrre solo cine-spazzatura?
Tag: Elijah Wood, matematica