Ringraziamenti


Ringrazio sentitamente l’Ing. Fiaschi, mia onnipresente figura di riferimento, in quanto tutor prima, Correlatore poi, ed infine mio diretto superiore.

Grazie ai professori Ing. Carcasci, Ing. Ferrara e Ing. Grasso per la preziosa, rocambolesca e paziente collaborazione nella stesura della tesi, fatta di orari difficili e rincorse all’ultimo contatto.

Grazie al prof. Ing. Catelani che ha accettato di svolgere il ruolo di relatore.

E nuovamente grazie a quanti già citati e a tutti coloro che hanno fatto sì che io potessi aver quotidianamente a che vedere con la mia passione più grande: le moto.

Grazie a tutti i componenti del reparto R&D Ricerca e Sviluppo di Beta per avermi accolto, insegnato e spronato a fare sempre meglio.

Grazie a Giò, insieme al quale mille volte abbiamo riso per non piangere in università, in giro, per le strade e su Internet.

Grazie alla Ila&IIa brigade e a tutti i suoi superbi protagonisti, che hanno riempito il mio vuoto con nuovo e traboccante entusiasmo.

Grazie a Steve. Forse.

Grazie ai miei non fratelli Lollo e Max, con i quali non ci stancheremo mai di rievocare il passato. E grazie anche a papà Alfredo e a mamma Claudia, le cui porte sono sempre state aperte per me.

Grazie a Sabrina, ed alla sua sterminata capacità di guardare il mondo con ottimismo.

Grazie a tutti gli amici di ingegneria, al loro cervello a senso unico ed alla loro capacità di vivere e condividere passioni ed interessi.

Grazie agli amici del GAF, insostituibile compagnia del Giovedì sera. E qualche volta anche del Sabato mattina. Mai del Lunedì pomeriggio.

Grazie ad Anno, a Patrick, a Darren, allo Zio Masamune, ad Utatane, a Valentina, a Gordon, a Tiff, a Tetsuya, a Lelir, a Elle, a Nathy e a mille altre presenze sparse nello spazio e nel tempo, una parte delle quali è sempre con me, in quello che faccio ed in quello che ho compiuto finora.

Grazie a 1002 cretini incontrati e felicemente persi nel cammino: no troubles, no glory.

Grazie a quanti io devo ancora conoscere, frequentare, amare ed odiare.

Ma soprattutto…

Grazie alla mia sorellina, per il solo fatto di essere proprio la mia sorellina.

Grazie al mio papà ed alla mia mamma, perché niente, nessun pensiero, nessuna parola e nessuna mia azione avrebbe mai avuto senso e luogo senza di loro.

Ed infine…

Ringraziare voglio il divino
labirinto delle cause e degli effetti
per la diversità delle creature
che compongono questo universo singolare,
per la ragione, che non cesserà di sognare
un qualche disegno del labirinto,
per il viso di Elena e la perseveranza di Ulisse,
per l’amore, che ci fa vedere gli altri
come li vede la divinità,
per il saldo diamante e l’acqua sciolta
per l’algebra, palazzo di precisi cristalli,
per le mistiche monete di Angelus Silesius,
per Schopenhauer,
che forse decifrò l’universo,
per lo splendore del fuoco
che nessun essere umano può guardare
senza uno stupore antico

per il mogano, il sandalo e il cedro,
per il pane e il sale,
per il mistero della rosa
che prodiga colore e non lo vede,
per certe vigilie e giorni del 1955,
per i duri mandriani che nella pianura
aizzano le bestie e l’alba,
per il mattino a Montevideo,
per l’arte dell’amicizia,
per l’ultima giornata di Socrate,
per le parole che in un crepuscolo furono dette
da una croce all’altra,
per quel sogno dell’Islam che abbracciò
mille notti e una notte,
per quell’altro sogno dell’inferno,
della torre del fuoco che purifica,
e delle sfere gloriose,
per Swedenborg,
che conversava con gli angeli per le strade di Londra,
per i fiumi segreti e immemorabili
che convergono in me,
per la lingua che secoli fa parlai nella Northumbria,
per la spada e l’arpa dei sassoni,
per il mare, che è un deserto risplendente
e una cifra di cose che non sappiamo,
per la musica verbale d’Inghilterra,
per la musica verbale della Germania,
per l’oro che sfolgora nei versi,
per l’epico inverno
per il nome di un libro che non ho letto,

per Verlaine, innocente come gli uccelli,
per il prisma di cristallo e il peso d’ottone,
per le strisce della tigre,
per le alte torri di San Francisco e di Manhattan,
per il mattino nel Texas,
per quel sivigliano che stese l’Epistola Morale,
e il cui nome, come preferiva, ignoriamo,
per Seneca e Lucano, di Cordova,
che prima dello spagnolo
scrissero tutta la letteratura spagnola,
per il geometrico e bizzarro gioco degli scacchi,
per la tartaruga di Zenone e la mappa di Royce,
per l’odore medicinale degli eucalipti,
per il linguaggio, che può simulare la sapienza,
per l’oblio, che annulla o modifica i passati,
per la consuetudine,
che ci ripete e ci conferma come uno specchio,
per il mattino, che ci procura l’illusione di un principio,
per la notte, le sue tenebre e la sua astronomia,
per il coraggio e la felicità degli altri,
per la patria, sentita nei gelsomini
o in una vecchia spada,
per Whitman e Francesco d’Assisi che scrissero già
questa poesia,
per il fatto che questa poesia è inesauribile
e si confonde con la somma delle creature
e non arriverà mai all’ultimo verso
e cambia secondo gli uomini,
per Frances Haslam, che chiese perdono ai suoi figli
perché moriva così lentamente,
per i minuti che precedono il sonno,
per il sonno e la morte,
quei due tesori occulti,
per gli intimi doni che non elenco,
per questa musica, misteriosa forma del tempo.

Jorge Luis Borges.
Un’altra poesia dei doni

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