Più duro della Dorsoduro – Il Diavolo

Quali sono gli ingredienti per farsi male? Non farsi “del” male. Proprio “farsi male”. Fisicamente.
Un animo sguaiato ed una Dorsoduro 1200.
Per una mezzoretta ho messo insieme le due cose: mi meraviglio di essere sopravvissuto…
D’altro canto, se non ti può ammazzare non è divertente, e la motardona Aprilia è quantomeno mortale. Cioè un vero spasso.

In modalità Sport, l’erogazione strappa le braccia. Nientemeno. Bastano due curve ed un rettilineo ed il pilota inizia ad ansimare per l’affaticamento (o per il vero brivido). Comandare lo sterzo e non rimanerne passivamente aggrappati è un’impresa titanica, tale è la brutalità con la quale vengono sprigionati i cavalli. Nelle prime tre marce l’avantreno si alleggerisce con una facilità sconvolgente ed ogni accelerata a moto fuori asse restituisce sbacchettamenti al manubrio anche di una certa violenza. L’intervento del controllo di trazione (tarato sul settaggio più libertino) è sostanzialmente impercettibile, a discapito del lampeggio frenetico della spia, che si protrae per l’80% del tempo speso in sella.
Ai ritmi da invasato restituiti da questo Diavolo, anche la semplice azione di chiudere il gas diventa problematica: pensare di lasciare la manopola destra per sfruttare il ritorno della molla -e rimanere così senza appigli- è pura follia, tuttavia l’inerzia di ogni accelerata trascina il corpo del conducente fino a costringerlo ad aprire ulteriormente, piuttosto che chiudere. In questo circolo vizioso, i rettilinei si esauriscono alla velocità della luce e frenare costituisce solo un ridicolo palliativo. La vera sfida comincia proprio in quel momento: si tratta di trovare il sangue freddo di imporsi sulla manopola, con il dovere di zittire una cavalleria che in poche decine di metri proietta a velocità da disintegrazione istantanea della patente e da sbriciolamento del corpo. Salvo poi riscatenarla fuori dalla curva successiva, il prima possibile. Perché il divertimento è tutto lì.

Da Moto

Ma il Diavolo fa le pentole, pur senza coperchi.
L’ergonomia di bordo è discutibile: la sella è alta da terra e ha un profilo eccessivamente infossato, il cambio deve essere violentato per accettare le marce e la frizione è molto solida. Il serbatoio tra le gambe è stretto, ma non come ci si aspetterebbe da una supermotard. Ciò non aiuta specialmente nel saltare da una curva ad una controcurva, dove entrano in gioco anche una massa non indifferente ed una ciclistica votata più alla stabilità che alla maneggevolezza. A basse velocità il comportamento è nettamente sottosterzante ed in curva l’angolo di piega limitato da un confine perentorio e non particolarmente lontano: sembra di guidare una grossa naked più che una supermotard. Mettere il piede a terra come con le supermotard tradizionali è di fatto inutile, meglio rimanere in carena con il ginocchio aperto e cercare così di girare tondi invece che spigolare.

Da Moto

Il verdetto?
Ktm Vs Aprilia 1:0. Vince la 990 su tutti i fronti, dovendo cedere terreno solo dal punto di vista di qualche Kgm e di una certa dose di regolarità di funzionamento. Niente che un po’ di sano pif paf non possa cancellare nel giro di due curve…

Una volta sceso di bordo mi sono tornate in mente le parole del ragazzo Aprilia: “quando ti sei abituato puoi provare a togliere il controllo di trazione”. Allorchè visualizzo la scena di Jeremy alla guida della Koenigsegg, al quale è stato a sua volta consigliato di provare a disinserire il TC da una tecnico della casa: “HE MUST BE JOKING!!!”

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