“La ragazza che saltava nel tempo”

Francamente non capisco come mi sia potuta passare per la testa l’idea di comprare l’edizione per collezionisti del DVD. Ora mi compiaccio di non averlo fatto: questo anime è un colabrodo, fa acqua da tutte le parti.

Ho visto “La ragazza che saltava nel tempo” character design di Yoshiyuki Sadamoto.

Anzitutto, il particolare narrativo che sta alla base del dipanarsi della trama è una banale invenzione fantasy alla quale è stato appiccicata posticcia una vaga parvenza fantascientifica. In merito ai viaggi nel tempo, di solito non apprezzo come venga messa in scena la loro meccanica (avrei da ridire anche su “Back to the Future”, il film sui viaggi nel tempo per antonomasia), ma cerco anche di muovermi incontro a taluni pregevoli sforzi fatti in questo senso. In questo anime tuttavia non c’è nulla da fare: non torna niente. Passato e presente si combinano, mescolano ed intrecciano senza alcun tipo di causalità, in sequenze studiate solo per costituire un riempitivo tra scene di maggior pathos (i compartimenti stagni di cui poco sotto). A riguardo, è disastroso il tentativo di far arrivare il messaggio che anche cercando di cambiare il passato il presente non possa essere modificato (in stile “Time Machine”, per intenderci). Disastroso perchè inutile, visto che la trama prosegue in tale direzione solo per pochi minuti, per poi dedicarsi ad un altro compartimento stagno: “cogli l’attimo”. Dopo un primo messaggio di grande ambizione, ne segue un secondo ancora più altisonante, ed il tentativo risulta ancora più disastroso: dopo pochi secondi di narrazione siamo già passati ad altro compartimento ancora una volta, con ripercussioni quasi insignificanti di trama. Ma potrebbe andare peggio, e lo fa: a questo già abbondante minestrone di tematiche è stata aggiunta anche la morale (“facendoti del bene recherai del male a qualcun’altro”), con le medesime modalità di comparizione: pochi secondo di dialogo e di riflessioni, quindi il passaggio narrativo ad altro.
Le mie uniche conclusioni possibili sono che lo staff non avesse la minima idea di cosa significhi “sviluppo omogeneo della trama”.
Al di là dell’elemento fantascientifico, l’anime può dirsi più che altro una commedia. Una commediola. Rosa.
Direttamente dagli anni 80′ vengono recuperati i clichè del trio amoroso e del protagonista indeciso (tipo Kyosuke di “Orange Road” o Masahiko di “Family Compo”) e non ci sarebbe niente di male, senonchè non è stato fatto nulla per rendere al passo coi tempi questi stereotipi, e se non fosse che certi lungometraggi fatti con un minimo di cura si dovrebbero intendere per gli adulti, non per dodicenni. Eppure dalle produzioni per questo tipo pubblico ci siamo trascinati siparietti che sembrano presi da “Mermaid Melody” (farseschi), situazioni da “Marmalade Boy” (patetiche) e, peggio ancora, comportamenti da “Ranma 1/2” (ridicoli).
Aggiungiamo poi che la drammaticità del paio di scene appositamente studiate non restituisce il benchè minimo impatto e sommiamo un finale tronco, incloncludente e quasi senza senso, e noteremo che qualunque aspetto “novellistico” di quest’anime è stato bocciato.
Dal lato grafico, la mancanza di sfumature o mezzi toni sul rodovetro inficia un’ottima qualità realizzativa globale: gli sfondi sono veramente affascinanti.
Più che dignitosa l’animazione.
In pratica, Sadamoto è stato valorizzato come la statua dello Spirit of Freedom su una Panda…

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