Supermotard

Finalmente ho potuto testare di persona una supermotard!

Ho fatto un po’ di Km su una Yamaha XT 660X.

Tramite una lunga trafila di contatti, mia sorella ha avuto in prestito la suddetta moto per essere agevolata nell’affrontare la famosa prova dell’otto (8), necessaria per il conseguimento della patente A. Già da qualche tempo ci eravamo resi conto, infatti, che è quasi impossibile superare tale prova con la mia SV e che pertanto ci sarebbe voluto ben altro tipo di veicolo.
Ed ecco saltare fuori questa bella Yamaha.

Da Moto

Ovviamente, vista la ghiotta opportunità, non ho potuto esimermi dal sottoporla a qualche test.
Tanto per cominciare, con la XT, la prova dell’otto diventa uno scherzo: oltre che cercare di seguire la linea perfetta, costeggiando i birilli esterni con la traiettoria ideale, si può tranquillamente entrare strettissimi, vicino al birillo centrale, e lavorare di gas e di spostamenti del corpo, avendo comunque la garanzia di riuscire a rimanere entro il perimetro consentito. Nemmeno con la mia RX ero mai stato in grado di impostare curve così strette.
Ma tutto questo viene dopo, molto dopo. Riportiamo l’analisi tecnica ad una sua sequenza logica.
La posizione in sella è quantomeno peculiare: si sta seduti in modo avanzatissimo, praticamente sul serbatoio, mentre le gambe restano verticalmente quasi dritte ed i manubri, oltre che larghissimi (mi piacciono), sembrano più avanzati che su una Harley (mi piacciono un po’ meno). Ad occhio e croce si direbbero in asse con la forcella, altro che semimanubri chiusi al posteriore! L’impressione è dunque quella di tenere un toro per le corna.
Anche il carattere del motore è inconsueto: il mono non ha erogazione, dà tutto subito, come se ci fossero solo 500 giri da scaricare per portarlo in coppia. A memoria, ricordo di aver incontrato un comportamento simile solo con il Fantic Caballero del mio amico Nexus. Insistere con il gas comporta solo perdite di potenza, fastidiose vibrazioni ed un rumore che suggerisce il cambio immediato di rapporto, pena una probabile e clamorosa sbiellata. La rapportatura delle marce non fa altro che assecondare questo strano comportamento: la prima è cortissima, mentre la seconda è già discretamente lunga. Ciò significa che ad andatura costante è impossibile trovare il rapporto giusto: la prima sbiella, dalla seconda in poi o si sussulta per gli strappi o si sbiella, senza vie di mezzo. Dove il mono si prende una bella rivincita è nel modo in cui trasmette potenza in quei suoi 500 giri di vita: la prontezza di risposta, sia in apertura che in rilascio, è eccezionale e si riesce a centellinare il gas con una precisione chirurgica ed una reattività che qualunque plurifrazionato potrebbe solamente sognarsi.
Ora ho capito cosa significhi sentire la ruota anteriore tra le mani.
Il motore iper-reattivo, comunque, invita ad aprire con molta prudenza all’uscita delle curve, perchè i virgoloni neri alla Valentini Rossi sembrano a portata di mano (ma anche le strisciate alla Casey Stoner). Quel che è certo è che sui rettilinei, con le marce basse, si sente l’anteriore alleggerirsi in maniera considerevole ed i monoruota non aspettano altro che essere provocati.
Tutto bene allora?
Non è detto. Benchè il motore abbia delle sfaccettature veramente entusiasmanti, per i miei gusti, rimane comunque troppo poco sfruttabile. Può darsi che la moto ideale, allora, possa dirsi una bella supermotard come questa, ma con un bel motore bicilindrico? Tipo, non so, una Aprilia Dorsoduro…
Forse nemmeno questo.
Fino a 60/80 Km/h una supermotard è in grado di farti vedere le stelle (in senso buono, ovviamente) e nel misto stretto è un giocattolo sublime. Ma oltre? Quando il misto si allarga emerge un aspetto molto caratteristico del supermotard che conoscevo, ma che fino ad ora avevo trascurato: il sottosterzo. In pratica la moto diventa improvvisamente rigida di sterzo e non ne vuole sapere di entrare in piega. In tale frangente, si lavora di spostamenti del corpo per guadagnare un po’ di agilità, ma mi sono ritrovato spesso a ridurre il gas per non andare dritto in curva, cosa che con il mio twin non sarebbe mai accaduta. Chiaramente questo discorso è da prendere con le molle, vista la scarsa confidenza del sottoscritto con uno stile di guida fino ad ora alieno, resta però il fatto che certi aspetti si possono al più smussare con l’esperienza, non certo eliminare del tutto.
Ultima nota alla sospensione anteriore, che affonda tantissimo e genera trasferimenti di carico veramente fastidiosi, ed ai freni che, benchè lavorino con discreto mordente, sembrano gestiti da una leva ed una pompa entrambe di legno.
Detto questo, ora vorrei provare quanto di più distante possibile dalla XT 660X: quella viperetta a quattro cilindri -sempre di mamma Yamaha- che porta il nome di YZF-R6.

Da Moto

Non è che qualcuno di voi avrebbe la possibilità di portarmi a fare un giro con sè?

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