Traslasciando per un momento la McLaren F1 e la BMW 850Csi, insindacabilmente due capolavori di ingegneria automobilistica, la mia auto preferita rimane la Sagaris.
Praticamente nessuno conosce la casa automobilistica TVR, figuriamoci la rarissima Sagaris. Il nome di quest’ultima proviene da un’ascia da guerra utilizzata dalla popolazione Scita. La vettura è fuori produzione ed in obsolescenza già da qualche anno, come del resto l’intera produzione TVR. Il prezzo elevato, la scarsa disponibilità di esemplari e la frammentarietà della rete di vendita TVR hanno sempre scoraggiato un gran numero di potenziali acquirenti ad investire su di lei. Di conseguenza la più bella TVR di sempre non ha l’appeal di un prezioso articolo in tiratura limitata, quanto quello ben più modesto di un oggetto che non ha saputo farsi conoscere o farsi amare.
Da The Sagaris and the Caterham |
Con il passare del tempo ne sono uscite tre versioni, di volta in volta impoverite di alcuni piccoli dettagli per questioni di economie di scala. Leve del tergicristallo in plastica invece che alluminio, scarichi tradizionali invece che retrolaterali: in generale, piccoli ritocchi che ne hanno impercettibilmente levigato ed imbastardito il carattere.
Nessuno si è mai aspettato che l’accoppiamento dei materiali TVR fosse poi quello di una Rolls Royce. O anche solo quello di una Ford. Persino l’insonorizzazione di bordo è inesistente: anche a velocità minime, l’abitacolo si riempie di un rumore tale che pure il semplice gesto di parlare a bordo diventa difficoltoso.
Una Sagaris è un’auto che razionalmente ha ben poco senso in tutto.
Da The Sagaris and the Caterham |
Il suo straight six è un aspirato vecchia maniera: niente variatore di fase o diavolerie varie. Corsa corta e tanto allungo. Un motore un po’ vuoto sotto, pure, ruvido e poco regolare. Un motore che, neanche a dirlo, consuma ed inquina un visibilio (non è lontanamente catalizzato). E che si rompe anche con una certa facilità.
Nella Mk3 il sei in linea era passato da 400 a circa 375 cavalli, cercando di recuperare un po’ di affidabilità perduta.
Tralasciando l’aspetto meccanico, nessuno sano di mente si metterebbe al volante con leggerezza di un’auto che di elettronico ha a malapena il contakm. Di controllo di trazione e stabilità non se ne parla nemmeno, non sono disponibili, quel che è peggio è che la vettura difetta pure dell’ABS. Come dice Wikipedia, la Sagaris ignora volontariamente le direttive europee in materia di sicurezza in campo di automobili.
Come se potesse permetterselo: una Sagaris è un auto difficile e poco incline al perdono degli errori di guida, ha infatti bisogno di mani esperte per essere condotta in maniera proficua. Questo la rende molto veloce, ma poco sfruttabile anche in pista e battibile da un punto di vista dei tempi sul giro. Superabile anche da avversari meno dotati meccanicamente, ma più semplici da condurre in maniera efficace.
Da The Sagaris and the Caterham |
Però, a prescindere da questa lunga serie di inconvenienti, una Sagaris rimane la quintessenza della passione sfrenata e senza ritegno per l’auto.
Il design è aggressivo e smodato, letteralmente senza vergogna. La Sagaris è bassa, piantata e aperta da prese d’aria su ogni cm di carrozzeria. La lista delle tinte cangianti farebbe contento qualunque bambino per la vivacità dei colori, meno un adulto moderato.
La meccanica non lascia nulla al caso: quello che non serve non c’è, tutto il resto è evoluto allo stato dell’arte, come le quattro sospensioni a doppi bracci oscillanti.
Tutto ciò ha permesso di contenere il peso della vettura in 1080 Kg, per un rapporto peso/potenza di soli 2,8 Kg per cavallo, risultato che tradotto in termini di accelerazione equivale ad un tempo di 3,7 secondi nello scatto 0/100 Km/h.
Passione. Non serve altro.